A Lavenone, paese di 555 abitanti nelle Prealpi bresciane, è stata inaugurata ‘Casa Maer’, la nuova casa d’Artista del progetto “Borghi Italiani” di Airbnb Italia. Sono interventuti il Sindaco di Lavenone Claudio Zambelli, il Presidente della Comunità Montana di Valle Sabbia Giovanmaria Flocchini, Matteo Frigerio di Airbnb, Sonia Cantoni di Fondazione Cariplo, Federica Bacchetti host di Casa Maer e la cooperativa Co.Ge.S.S., che hanno tagliato il nastro di questo nuovo progetto di turismo solidale.

Un edificio storico di proprietà del Comune di Lavenone finora sottoutilizzato, è pronto ad accogliere viaggiatori da tutto il mondo in una veste completamente rinnovata, grazie ad un progetto architettonico cui hanno collaborato i principali brand di design italiano e ad un mosaico ispirato alla tradizione locale creato dall’illustratrice Olimpia Zagnoli. 
Casa Maer rappresenta il primo risultato di un percorso che ha visto Airbnb lavorare fianco a fianco con Fondazione Cariplo, impegnata sul fronte della rinascita delle aree interne con il Programma “AttivAree”, che interviene in alta Valle Trompia e Sabbia in stretta collaborazione con le realtà locali promuovendo lo sviluppo di un circuito di offerta turistica accogliente e solidale. Situata al piano terra di uno degli storici edifici del borgo la casa, già sede dell’ostello locale , da oggi è prenotabile sul portale Airbnb, e permetterà agli ospiti di vivere a contatto con la comunità locale e godere delle tante risorse naturali, gastronomiche e culturali del territorio. Casa Maer sarà gestita dalla cooperativa sociale Co.Ge.S.S., che utilizzerà il ricavato dei soggiorni turistici per finanziare progetti di inclusione sociale dedicati a persone con disabilità.

La partnership fra Airbnb e Fondazione Cariplo

“La rinascita di territori marginali come le Valli Trompia e Sabbia passa anche per la capacità di cogliere occasioni di visibilità internazionali – come quelle offerte dalla piattaforma di Airbnb – per luoghi che rispondono alla sempre più crescente esigenza da parte dei turisti di vivere esperienze autentiche. Fondazione Cariplo, che nella partita della rinascita delle aree interne ha puntato fin da subito sull’attivazione di partneship strategiche finalizzate a promuovere i territori di AttivAree anche fuori dai loro confini, ha sostenuto questo incontro, che ha portato il borgo di Lavenone ad essere scelto dal progetto Borghi Italiani di Airbnb” dichiara Sonia Cantoni consigliere d’amministrazione con delega all’ambiente di Fondazione Cariplo.

“Siamo felici di proseguire il percorso che ci ha portato negli ultimi anni a contribuire alla promozione di oltre 40 borghi Italiani” commenta Matteo Frigerio, Country manager Airbnb Italia. “Teniamo in particolare al progetto di Lavenone perchè rappresenta una sfida che unisce la volontà di promuovere un territorio ancora poco conosciuto a quella di sostenere un turismo sempre più inclusivo ”.
Una sfida condivisa anche dallo studio di architettura ELIGO Studio che nel progetto di interior design ha fatto proprie le esigenze della comunità e della cooperativa creando uno spazio multifunzionale e allo stesso tempo senza barriere architettoniche. Oltre ai 200 annunci di case già presenti su Airbnb in Val Trompia e Val Sabbia, stiamo lavorando con la comunità locale per dare la possibilità a tutti gli abitanti di proporre sulla piattaforma anche delle Esperienze che facciano scoprire ai turisti le bellezze paesaggistiche e le tradizioni culturali locali. Uno strumento di promozione ma, al tempo stesso, anche un’opportunità di guadagno per la comunità e per le onlus locali” conclude Frigerio.
“La partnership con AirBnb, come l’essere parte del programma AttivAree di Fondazione Cariplo, sono delle opportunità che hanno permesso al mondo della cooperazione sociale delle due valli di acquisire maggiore consapevolezza sul ruolo che possiamo svolgere nel nostro territorio per uno sviluppo più sostenibile e inclusivo, nel settore turistico e non solo. Siamo quindi parte attiva per promuovere un’inversione di tendenza rispetto ai segnali di impoverimento e abbandono che hanno segnato questi territori negli ultimi anni” sostiene Alessandra Bruscolini, direttore del consorzio Laghi e della cooperativa sociale Co.GeS.S. 

Photo credits:  ©PiotrNiepsuj 

 

Nell'anniversario della fondazione della FAO – Food and Agriculture Organization, si celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. In questa occasione sarà presentato il Progetto MAIC – Modello Allevamento Insetti Commestibili, sostenuto da Fondazione Cariplo, il Centro per lo Sviluppo Sostenibile, con l’Università Statale di Milano, l’Università Statale di Torino e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Il progetto MAIC sta sviluppando un modello italiano di allevamento sostenibile di insetti commestibili per contribuire all’incremento della produzione alimentare per mezzo di fonti proteiche sostenibili. Non si può infatti ignorare che la produzione tradizionale di cibo per l’uomo e di mangimi per gli animali allevati o da compagnia (farina di pesce, soia e cereali), è stato intensificato in questi anni e necessita di maggiore efficienza e di uso di fonti alternative in un’ottica di produzione sostenibile e di economia circolare.

Economia circolare e sostenibilità economica e ambientale

Proprio la FAO ha riconosciuto agli insetti commestibili un ruolo importante sia nell’alimentazione umana che in quella animale, come fonti proteiche a minore impatto ambientale in termini di impronta ecologica rispetto ai processi di produzione di proteine da animali (suini, bovini, pollame). Mangiare insetti non è proprio una novità per l’uomo: sempre secondo la FAO gli insetti già integrano la dieta di circa due miliardi di persone e hanno sempre fatto parte dell’alimentazione umana. Circa 1.900 specie di insetti sono infatti citate in letteratura come “commestibili” e usate abitualmente come cibo dall’uomo. In Occidente gli insetti rappresentano un nuovo “superfood” proteico, ma il numero di consumatori è ancora piuttosto limitato. In Italia, in particolare,  la strada da fare è ancora molta, sia a livello legislativo che culturale.

Il progetto MAIC si propone anche di contribuire alla diffusione di conoscenza su questa nuova fonte alimentare di grande potenziale sociale, economico e ambientale. In particolare:

OBIETTIVI DEL PROGETTO MAIC

  • Sicurezza e igiene. Il Progetto dovrà raccogliere dati e informazioni per definire un modello di allevamento di Acheta domesticus (Ortottero grillide) che sia sicuro dal punto di vista igienico-sanitario e a basso impatto ambientale. Per questo verrà avviato un allevamento sperimentale nello Stabulario del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano. Nella gestione dell'allevamento verranno utilizzati differenti substrati di crescita provenienti dagli scarti delle diverse fasi di lavorazione della filiera agroalimentare. I substrati potranno essere utilizzati tal quali o con formulazioni ad hoc. Saranno anche considerate la disponibilità, la deperibilità e la stagionalità. In particolare saranno privilegiate le produzioni locali, analizzati i problemi di trasporto, le modalità di conservazione e anche le modalità di somministrazione, privilegiando laddove possibile i substrati che possono essere somministrati a secco.
  • Impatto ambientale. Verranno raccolti dati e informazioni utili per quanto riguarda la sicurezza alimentare e dell'allevamento, la qualità del prodotto finale e l'impatto ambientale dalla produzione, dal substrato fino al prodotto finale. L'utilizzo di substrati provenienti dalle industrie agroalimentari avrà il duplice scopo di smaltire degli scarti della filiera e contemporaneamente di fornire substrati che siano meno costosi rispetto a mangimi già esistenti sul mercato, e non competitivi (quali fonti alimentari) per l’alimentazione umana o animale. La scelta della specie da allevare ricade sull’Ortottero Acheta domesticus in quanto risulta una delle specie più utilizzate al mondo per uso alimentare, per via del suo alto contenuto di proteine e per la facilità di allevamento nel nostro contesto ambientale.
  • Norme e tutele. Saranno raccolti dati scientifici necessari ai fini normativi, e saranno analizzati i diversi substrati con le loro possibili criticità. Questi dati verranno messi a disposizione delle Istituzioni preposte al controllo della sicurezza alimentare, alla determinazione dei parametri di rischio e alla definizione/aggiornamento della normativa in materia. I risultati di questo progetto potranno essere utilizzati per la realizzazione di linee guida per l'analisi del rischio sull’utilizzo di proteine da insetto a scopo alimentare e per l’aggiornamento in Italia delle normative giuridiche sui novel food. Inoltre, le procedure di allevamento, di utilizzo dei substrati e di analisi potranno essere utilizzate per produrre un modello di disciplinare.
  • Informazione corretta. Il progetto prevede tra gli obiettivi anche la diffusione di un’informazione scientificamente corretta e attenta ai temi della sostenibilità, per quanto riguarda gli insetti commestibili.

L'ONP Bistrò, all'interno dell'ex ospedale psichiatrico di Via Borgo Palazzo (BG) non è solo un bar, ma un progetto sociale e culturale. Un luogo della memoria e di riflessione sul tema della psichiatria e soprattutto un’opportunità occupazionale per persone in condizione di fragilità. 
Fondazione Cariplo è attiva da anni nel “favorire l’inserimento lavorativo di persone in condizioni di svantaggio”. In particolare, dal 2000 fino al 2015, con successivi affinamenti, è stato attivo un bando che ha sostenuto piani di sviluppo e di rilancio di imprese sociali, realtà che svolgono da sempre un ruolo importante nell’ambito delle politiche attive del lavoro. Dal 2000 al 2015 sono stati deliberati 342 contributi per oltre 37,5 ML di euro. I principali destinatari sono state cooperative sociali di tipo B, attive su diversi settori (ristorazione, manutenzione verde, pulizie, assemblaggi, industriale, servizi informatici, commercio) favorendo opportunità di inserimento lavorativo per diverse tipologie di persone con fragilità: persone con disabilità fisica, psichica, persone con dipendenze, detenuti..; sempre più in questi anni le cooperative hanno cercato di adottare strategie di sviluppo mantenendo saldo il rapporto con la comunità locale e con i bisogni di inserimento lavorativo del territori. 

Abbiamo raccolto le #storiedipersone coinvolte nel progetto, ecco cosa ci hanno raccontato: 

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Maria Cristina Bonomi ha 54 anni e soffre di disturbo schizoaffettivo. Se le chiedi che cosa significa ti risponde: «Io voglio voler bene alle persone e voglio essere ricambiata». All’ONP Bistrot Maria Cristina fa le pulizie e non rimpiange per niente il lavoro che aveva prima, era segretaria in una piccola ditta: «non facevo niente di troppo complicato, ero la classica segretaria carta e penna. Ma preferisco fare le pulizie perché è un’attività molto fisica e mi scarica e poi ho già avuto troppe responsabilità nella vita». Maria Cristina si è occupata a lungo di suo padre, ma dei suoi genitori parla e non parla e quello che lascia capire è che in quel nucleo originario non si è sentita tanto al sicuro. La sua vita è la storia di una difficile convivenza con la malattia, di crolli e ripartenze, e dell’ultimo, il più grosso, a cui sono seguiti quattro anni senza lavoro: «mi sentivo malissimo perché non riuscivo a vedere il futuro. Non mi alzavo più la mattina, non mi lavavo, non mi vestivo, non facevo niente. Eppure io ho bisogno di lavorare, mia sorella mi ha aiutato tanto economicamente ma non posso sempre contare su di lei e poi perché a me piace lavorare». Lei arriva quando quasi tutti sono già andati via «perché se c’è troppo chiasso vado in confusione e non riesco a concentrarmi e se vengo disturbata ogni tanto do i numeri! Però quattro chiacchiere con il barista le faccio volentieri e ho un rapporto bellissimo con i superiori». La vita che ha è finalmente quella che Maria Cristina voleva: «Io non cerco un fidanzato, preferisco l’amicizia e il lavoro. Sai una cosa? La mattina non vedo l’ora di venire al Bistrot. Io qui sono arrivata, giri e giri e poi un giorno trovi quello che stavi cercando».

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All’Onp Bistrot Jacopo, 31 anni, si occupa dello sporzionamento dei cibi, prepara i vassoi prima che vengano serviti. Lavora dalle 11 alle 16, poi con l’autobus raggiunge il DayCare del Cps (Centro Psico Sociale) per la sua terapia: «Questo è il primo lavoro che riesco a mantenere nel tempo. Non sono mai riuscito a fare nulla in modo continuativo perché, tra le altre cose, ho un disturbo dell’attenzione  e una sindrome bipolare, per curarmi prendo farmaci tutti i giorni. Da piccolo non riuscivo mai a concentrarmi, a seguire le lezioni, ma a lungo nessuno ha capito di cosa soffrissi. Ho lasciato la scuola al quarto anno di superiori, ho provato tramite cooperative a fare vari lavori. Ma non è andata bene, anche per colpa mia: alle volte non mi svegliavo, oppure non mi sentivo a mio agio con le persone, un superiore una volta mi ha dato del cretino». All’ONP Bistrot Jacopo arriva quasi un anno fa:«Qui è stato diverso da subito: non mi sono mai sentito giudicato però all’inizio arrivavo in ritardo, non ero costante. Poi mi hanno detto che, se non avessi cambiato atteggiamento, non avrei potuto continuare. Mi sono spaventato: per la prima volta ce l’ho messa tutta per essere puntuale, per rispettare le scadenze». Se chiedi a Jacopo qual è l’emozione più grande legata a quello che in fondo è il suo primo vero lavoro ti risponde: «Non lo so, però so che sto bene». Alle quattro stacca, corre verso il Cps, lì lo aspettano i suoi amici.

 

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Carlo Personeni, 37 anni è l’aiuto cuoco dell’ONP Bistrot, gli hanno riconosciuto un’invalidità al 75% per disturbo della personalità e disturbo schizofrenico bipolare. Ma Carlo non è un sous-chef improvvisato, per questo mestiere ha studiato e si è diplomato alla scuola alberghiera. E, per imparare ancora un po’, quando aveva 19 anni ha deciso di partire per l’Inghilterra, voleva lavorare in un ristorante, come facevano tanti coetanei, solo che l’Inghilterra non gli ha portato fortuna: «Si avvicinava il giorno della partenza e io non dormivo la notte. Avevo paura prima di affrontare il viaggio, stavo malissimo ma non l’ho detto a nessuno, nemmeno a mio padre. Per orgoglio sono partito e ho trovato davvero lavoro. Ma dopo poche settimane non sapevo più chi ero, sicuramente non ero più Carlo. A posteriori i medici l’hanno definita una psicosi acuta. Mi hanno licenziato in tronco, improvvisamente mi sono ritrovato su una strada, non parlavo bene l’inglese, qualcuno mi ha detto di cercare il consolato ma non l’ho trovavo. Quando finalmente sono riuscito ad arrivarci, mi hanno fatto un biglietto aereo e mio padre mi aspettava a Linate. Ma io continuavo a essere in uno stato completamente alterato e non sono riuscito a spiegarmi bene con il taxista che, invece che all’aeroporto, mi ha portato alla stazione. Ho preso il primo treno e sono sceso a Canterbury, era notte e volevo un caffè ma il bar era chiuso. Io non ero in me, volevo disperatamente quel caffè, ho preso un sasso e ho rotto la vetrina. La polizia mi ha arrestato, sono stato 12 ore in cella e poi mi hanno portato in un ospedale psichiatrico. Sono stato rinchiuso lì per più di 40 giorni, finché mio padre ha deciso di mettersi in contatto con i miei genitori affidatari». In questa storia ci sono anche loro perché Carlo è stato un bambino senza colpe nato sotto la cattiva stella: «Mia mamma ha avuto una psicosi post parto al momento della mia nascita, si è preso cura di me mio padre. Però poi è dovuto andare all’estero per lavoro e io sono rimasto con la nonna e la mamma. Per modo di dire perché mia madre entrava e usciva dagli ospedali psichiatrici e le assistenti sociali mi hanno affidato a una famiglia». Forse è grazie a loro, ma soprattutto alla tenacia di Carlo se è riuscito, nonostante tutto, a diplomarsi. Ma dopo l’Inghilterra, che lo ha messo faccia a faccia con le sue fragilità, lavorare non è stato sempre facile: «Alle volte sono stato sfortunato perché è capitato anche di essere assunto in realtà che poi hanno chiuso, altre volte ero io a non reggere. Anche se sapevo che ero bravo, a un certo punto subentrava sempre la domanda: ma sono davvero capace a fare questa cosa? e andavo in crisi. Qui è diverso, mi sento tranquillo e accettato e riesco a pensare che, prima di avere tutte queste sfighe ero bravo e mi rilasso: il mio piatto forte sono i secondi».

Davide Chisci, educatore, è il coordinatore degli inserimenti e, qualche ora a settimana, anche barista dell’ONP. «Questo è un luogo fortemente simbolico e lo avverti ovunque. Fino alla legge Basaglia c’erano 3000 pazienti, i letti di contenimento, dolore, la transizione è stata lentissima, ancora nel 1998 era tutto in funzione». Davide segue con pazienza e allegria il percorso dei lavoratori più fragili: «L’obiettivo è quello di dotarli di strumenti per poter accedere al mondo del lavoro non protetto, offrire loro serenità e stabilità. Ci vuole tempo perché all’inizio non rispettano gli orari e hanno il terrore di sbagliare che li paralizza.  Ma io ormai lo so, se mi mandano un sms e mi scrivono: non vengo, non sto bene io rispondo: vieni lo stesso che ne parliamo» . Con il tempo acquistano autostima e sicurezza in se stessi. Quando si tratta di proporli alle aziende, ormai conosco la persona pregi e difetti, non mando nessuno a scatola chiusa e senza offrire gli strumenti per gestirli. I pazienti psichiatrici sono sempre i più difficili da inserire ma a volte basta solo conoscerli, sapere che magari hanno bisogno di 30 minuti di pausa da soli al giorno prima di ributtarsi nel mondo».

Per saperne di più: ONP Bistrò è gestito da La Magnolia, servizio di Namastè Cooperativa Sociale. Il progetto è uno dei tanti interventi di sviluppo di economia solidale e inserimento lavorativo realizzati con il contributo di Fondazione Cariplo.

Il 5 novembre presso il Centro Congressi di via Romagnosi, Fondazione Cariplo partecipa a Natura 2000 – Nuova vita alla rete. Natura 2000 è la grande rete per la conservazione della biodiversità in Europa. L'incontro vuole portare questi temi al centro di una nuova riflessione che, confermando e rafforzando le tutele naturalistiche, possa far uscire la Rete dalla dimensione di “figlia di un dio minore delle aree protette" e consentirle una sua propria significativa, innovativa identità. L'obiettivo è dare a Natura 2000 una nuova vita, per il bene della diversità biologica, del paesaggio e della cultura del Paese. Ne parliamo il 5 novembre a Milano con LIPU, Ministro dell'Ambiente, la Commissione europea, i parchi, le istituzioni, le associazioni ambientaliste. 

Fondazione Cariplo sostiene l’iniziativa nell’ambito del progetto “Life Net pro Net – Una rete di volontari per contribuire alla gestione attiva della Rete Natura 2000 finanziato nell’ambito del programma Cofinanziamento di progetti europei "

Milano, 5 novembre 2018 Ore 9.30 – 13.30 – Centro Congressi Fondazione Cariplo – Via Romagnosi 8
La partecipazione è gratuita, ma è necessaria l’iscrizione: CLICCA QUI 
Segreteria organizzativa e informazioni: elena.rossini@lipu.it – tel. 0362 528424

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Il presidente di Acri e della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti ospite a LuBec – Lucca Beni Culturali per una Lectio Magistralis sul tema: “Il ruolo della cultura per la crescita del capitale sociale delle comunità”.

C’è necessità – ha dichiarato Guzzetti – che la cultura dia un contributo importante alla crescita del capitale umano. Da sempre le Casse di Risparmio e le Fondazioni hanno riservato una grande attenzione all’arte e alla cultura, assieme ai servizi per la persona. Dove c’è cultura non c’è divisione e non c’è scontro, la cultura è coesione sociale. Un quarto delle nostre erogazioni vanno alla cultura e ai giovani, penso al bando “Funder 35” su circa ottanta imprese su tutto il territorio nazionale. 

Guzzetti ha poi parlato della necessità per le Fondazioni di mantenere autonomia decisionale rispetto politica. Un’autonomia che ha resistito al tentativo di pubblicizzazione del 2002 grazie anche alle due sentenze della Corte Costituzionale che ne ha ribadito la natura privata:

Come spiegò il professor Zagrebelsky, relatore della sentenza in quell’occasione, le fondazioni operano nell’ambito di quei diritti fondamentali che attengono ai valori della Costituzione, diritti indisponibili al legislatore ordinario. Nello scenario odierno le Fondazioni spesso non si limitano a integrare le risorse pubbliche, ma suppliscono allorché i fondi pubblici sono del tutto insufficienti. Ritengo che lo Stato debba avere sempre rispetto dell’autonomia che non va intaccata e non deve essere messe a servizio degli Enti pubblici, ma sostenere le comunità locali. Nel mondo globale il valore della comunità locale va riscoperto

Al termine della Lectio Magistralis il presidente Guzzetti ha ricevuto ilRiconoscimento LuBec 2018” da parte dell’organizzazione della manifestazione. 

L'arte e la cultura di Fondazione Cariplo 

Fondazione Cariplo promuove un ambizioso programma di affiancamento alle istituzioni culturali articolato in quattro grandi sfide a favore dell’innovazione nel settore culturale: 

  • L’innovazione e l’impresa culturale giovanile: sfida che punta a sostenere l’imprenditorialità giovanile. Progetti di punta di questa linea sono il progetto Innovazione Culturale e il progetto Funder35, quest’ultimo, aperto all’ambito nazionale, coinvolge 18 fondazioni di origine bancaria.
  • La sostenibilità e l’internazionalizzazione degli operatori culturali: questa linea di intervento sostiene gli enti culturali privati in percorsi di consolidamento, attraverso progetti pluriennali che consentano loro di affrontare meglio la inarrestabile contrazione delle risorse pubbliche destinate al settore.
  • La partecipazione delle comunità: questa linea è dedicata della partecipazione attiva dei cittadini ai processi di fruizione e di produzione culturale. L’idea è che le istituzioni culturali debbano rendere sempre più partecipate e democratiche le loro attività, proponendosi nei rispettivi territori come luoghi di aggregazione, di scambio, di crescita del senso civico, di apertura verso il mondo, di sviluppo della consapevolezza di sé e degli altri, di elaborazione di nuove sintesi culturali.
  • Eredità culturale e sviluppo locale: sfida che vede la cultura come strumento per lo sviluppo sociale ed economico dei territori. La valorizzazione e la conservazione del patrimonio storico-architettonico sono al centro di processi di rivitalizzazione e di sensibilizzazione a buone pratiche di prevenzione e cura.

“Eredità culturale e sviluppo locale”

Nella esperienza di Fondazione Cariplo la cultura può diventare una leva di sviluppo sociale connettendo in maniera feconda gli ambiti della conservazione e fruizione del patrimonio con quelli dell’educazione, della formazione e della produzione culturale, nonché con i mondi della produzione economica e imprenditoriale. Solo in questo modo, infatti, la cultura può trasformarsi da “costo per la collettività” in occasione di crescita, sociale ed economica, per le imprese e le comunità. Questa è stata la linea che ha dato vita al progetto Distretti culturali che ha visto impegnata la Fondazione per molti anni con un cofinanziamento di circa 20 milioni di euro a 6 territori in Lombardia.

Da questo progetto sono gemmate esperienze successive basate quindi sulla scommessa di puntare non sui grandi interventi, talvolta inevitabili e necessari, ma soprattutto sulla diffusione di una logica di buona gestione del patrimonio: da un lato favorendo la rifunzionalizzazione dei beni promuovendo al loro interno l’avvio di attività e servizi in un’ottica di sostenibilità e dall’altro stimolando l’adozione di buone prassi di conservazione basate su diagnostica, prevenzione e manutenzione continua.   

Questo secondo approccio, su cui la Fondazione è impegnata da 10 anni, consente di prevenire il degrado, riducendo i grandi cantieri, diminuendo il rischio di crollo, contenendo interventi costosi ed invasivi, a favore di operazioni puntuali, meno visibili e mediatiche, ma efficaci e sostanziali, consentendo peraltro un risparmio di risorse economiche e una costante conservazione nel tempo.

Gli interventi di recupero del patrimonio storico-architettonico acquisiscono senso, oltre agli aspetti conservativi e di sicurezza, quando diventano occasioni di cambiamento per il contesto in cui si trovano, tenendo sempre presente il coinvolgimento delle comunità e spingendole a riappropriarsi e a divenire custodi e protagoniste di questi luoghi.

La cura di un edificio, pertanto, ha senso e trova motivazione se si completa con l’inserimento attivo del bene nella società come patrimonio comune destinato a produrre nuovi valori. In questo senso obiettivo dell’area Arte e Cultura oltre agli aspetti tecnici indispensabili per corretta messa in sicurezza e prevenzione è quello di coinvolgere le comunità nella riattivazione di luoghi storici e questo può avvenire solo attraverso una legittimazione del patrimonio culturale intesa come conoscenza e riconoscimento di un valore. Questo è il primo passo verso la sensibilizzazione alla cura, alla custodia e la valorizzazione della nostra eredità culturale.

Fondazione Cariplo nel 2017 ha sostenuto 548 progetti per oltre 41 milioni di euro. Di questi più della metà è destinata alla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-architettonico

Lubec 2018

LuBeC – Lucca Beni Culturali è il forum internazionale dedicato allo sviluppo della filiera beni culturali – tecnologie – turismo, che si svolge ogni anno a Lucca in ottobre, oggi alla XIV edizione.
Il 2018 è stato dedicato alla riflessione sui temi dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, in linea con i suoi obiettivi generali: promuovere il ruolo del patrimonio culturale quale componente essenziale della diversità culturale e del dialogo interculturale; rafforzare il contributo del patrimonio culturale alla società e all’economia; promuovere il patrimonio culturale come elemento importante delle relazioni tra l’Unione e i paesi terzi. Un palcoscenico privilegiato per quella visione ampia e integrata della gestione e valorizzazione dell’eredità culturale che include materiale e immateriale e dialoga con l’innovazione tecnologica, la produzione delle imprese culturali e creative, i new media, l’industria e il terzo settore, come sempre sviluppando sinergie e puntando l’attenzione sul rafforzamento del binomio pubblico – privato.

 

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La mobilità sostenibile è uno dei temi a cuore di Fondazione Cariplo. In particolar modo è stato promosso l’utilizzo della bicicletta per un turismo dolce e sostenibile, contribuendo alla riduzione delle emissioni inquinanti, dell’utilizzo dei carburanti fossili e alla promozione di uno stile di vita salutare.

Due grandi iniziative sostenute dalla Fondazione che toccano proprio questi aspetti e li adottano come volano per l’economia locale sono due bandi: BREZZA e BREZZA 2.
Il loro obiettivo è favorire la fruizione sostenibile dei territori attraversati dalla dorsale cicloturistica VENTO, sostenendo sia la realizzazione di studi di fattibilità di dorsali e piste cicloturistiche lungo gli affluenti del fiume Po (bando BREZZA) sia la realizzazione concreta di una parte degli 8 studi finanziati (bando Brezza 2).

Gli 8 progetti sostenuti da Fondazione Cariplo si inseriranno in un sistema cicloturistico attrattivo a livello nazionale e internazionale e contribuiranno alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale toccati dagli itinerari ciclabili.

Quale sarà l’impatto della realizzazione di questi percorsi cicloturistici è ben visibile nelle tavole realizzate con il supporto del Dipartimento DAStU del Politecnico di Milano:  

  • Circa 2.600 km di dorsali cicloturistiche all’interno di una rete di cammini e ciclovie di importanza nazionale che coinvolgono per circa il 43% della rete le aree protette e mettono in contatto quasi tutte le principali città lombarde.

  • I percorsi BREZZA andranno inoltre a sovrapporsi per circa il 51% alla rete dei percorsi previsti nel Piano Regionale della Mobilità Ciclistica di Regione Lombardia, rendendo il territorio lombardo quasi totalmente fruibile al turismo lento

  • L'indotto che la dorsale VENTO genererà è stimato di circa 100 mln di € all’anno.

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Stime relative all’invecchiamento demografico prevedono in Europa – nei prossimi 50 anni – una popolazione poco più numerosa, ma molto più anziana: nel 2060 il 30% degli europei avrà almeno 65 anni. Da alcuni anni Fondazione Cariplo sostiene nuovi studi di giovani ricercatori che consentano di prevenire o mitigare gli effetti deleteri della fragile condizione di anzianità. Fra questi Dmitry Lim dell’Università del Piemonte Orientale ha condotto nel 2014 una ricerca sostenuta con il contributo di Fondazione Cariplo dal titolo Role of astroglial calcineurin-mediated signaling in Alzheimer's disease.

Cosa l'ha spinta a occuparsi di Alzheimer?

La malattia di Alzheimer, assieme alle altre malattie legate all’invecchiamento, rappresenta la maggiore sfida della società moderna nell’ambito delle scienze e della medicina. La continua crescita dell’aspettativa di vita pone la necessità di mantenere alta la qualità della vita e dell’attività della popolazione in terza età. Ad oggi, questa sfida non è ancora vinta. La deregolazione dell’omeostasi dello ione calcio e dei processi calcio-dipendenti al livello cellulare nel sistema nervoso centrale rappresentano uno degli eventi precoci nell’eziopatogenesi della malattia di Alzheimer. Questo ci ha spinto a mettere a disposizione della comunità scientifica la nostra esperienza nel campo dei segnali del calcio e delle neuroscienze. Il nostro obiettivo è di verificare se le cellule non neuronali, ossia gli astrociti, che di solito si occupano del benessere del sistema nervoso centrale, siano i primi a risentire della presenza degli agenti scatenanti la malattia (amyloid-beta, o le mutazioni della forma familiare della malattia). I nostri risultati e la letteratura scientifica ci porta a ritenere che attraverso la deregolazione dei segnali del calcio e dell’attività della calcineurina, gli astrociti creino un ambiente non idoneo al corretto funzionamento delle cellule neuronali, portando, con gli anni, allo sviluppo dei sintomi della malattia.

Qual è stato il contributo di Fondazione Cariplo alle sue ricerche sull'Alzheimer?

Grazie al contributo ottenuto dal bando Ricerca biomedica condotta da Giovani Ricercatori lo studio ha permesso:

  • di confermare l’ipotesi degli astrociti a livello delle colture cellulari; 
  • di creare un modello cellulare innovativo di astrociti immortalizzati per studiare i meccanismi ed effettuare lo screening dei farmaci per migliorare le funzioni delle cellule astrogliali;
  • di creare un modello murino della malattia di Alzheimer con la possibilità di eliminare la calcineurina specificamente dagli astrociti a diversi stadi di sviluppo della malattia per studiare in vivo quando e come gli astrociti, attraverso la calcineurina, vengano coinvolti nel processo di patogenesi.

Queste sperimentazioni, essendo molto costose, senza il contributo della Fondazione Cariplo, non sarebbero state realizzabili!

A che punto è lo studio…

Gli astrociti sono cellule “housekeeping” del cervello, così chiamate perché mantenendo un microambiente adeguato permettono ai neuroni di funzionare correttamente. Per questo lo studio ha ipotizzato che il malfunzionamento di queste cellule negli stadi precoci della malattia di Alzheimer possa creare le condizioni necessarie a indurre, prima un’alterazione funzionale dei neuroni, per poi portare allo sviluppo dei sintomi come la perdita di memoria, il deficit cognitivo e la demenza. In particolare riteniamo che l’attivazione aberrante della calcineurina, una fosfatasi calcio-dipendente, abbia un ruolo fondamentale nella generazione del processo appena descritto. I risultati ottenuti, grazie al finanziamento della Fondazione Cariplo, confermano l’ipotesi e indicano che nello stadio pre-sintomatico della malattia gli astrociti subiscono significativi cambiamenti al livello della trascrizione genica e della sintesi proteica. In particolare, gli astrociti Alzheimer sono in grado di rilasciare citochine tossiche, come TGFbeta2 e TGFbeta3, che danneggiano i neuroni. Inoltre, abbiamo creato un modello innovativo di astrociti immortalizzati da topi-modello dell’Alzheimer, che rappresentano un comodo modello per studiare i meccanismi molecolari delle alterazioni e per identificare nuovi agenti terapeutici in grado di correggere le alterazioni specifiche per gli astrociti. In fine, abbiamo anche creato i modelli murini per studiare in vivo il ruolo della calcineurina astrogliale nella malattia dell’Alzheimer nonché nella fisiologia normale del cervello. I primi risultati e il lavoro in corso confermano pienamente l’ipotesi iniziale e dimostrano che la calcineurina all’interno degli astrociti svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento nelle funzioni normali dei sistema nervoso centrale, come eccitabilità neuronale e formazione della memoria. Questi primi risultati suggeriscono che le alterazioni nel normale funzionamento della calcineurina e degli astrociti, indotti dagli agenti scatenanti la malattia (amyloid-beta o mutazioni della forma familiare della malattia) possono rappresentare i primi eventi nell’eziopatogenesi della malattia di Alzheimer.

Si avvisano le organizzazioni che la scadenza del bando Coltivare Valore (fase 2) è stata prorogata a lunedi 1 ottobre 2018 alle ore 17.00.

Il CE Lab lanciato da Fondazione Cariplo e Gruppo Intesa Sanpaolo rappresenta una tappa importante di un percorso iniziato dalla Fondazione anni fa. Temi come l’Economia Circolare, la Bioeconomia e i Green Jobs sono entrati nei programmi delle Aree Filantropiche e hanno trovato spazio in vari progetti e iniziative che hanno coinvolto il sistema della ricerca, gli enti non profit e il mondo della formazione. "Un fiore all’occhiello sul fronte dell’innovazione" ha dichiarato il Presidente Guzzetti. "Operiamo in modo intersettoriale, mettendo in campo tutte le competenze maturate in questi anni, soprattutto con i nostri organi e collaboratori dell’area ambiente e ricerca scientifica. La predisposizione all’innovazione che sta nel DNA di Intesa San Paolo ha fatto si che le nostre organizzazioni si incontrassero e dessero vita, come sempre con metodo rigoroso, al nuovo CE Lab”.

Il CE Lab sorge all’interno dell’ex area Ansaldo di Milano, oggi sede di Cariplo Factory, polo dedicato ai progetti di open innovation e valorizzazione dei giovani talenti. Obiettivo: supportare e accompagnare la trasformazione del sistema economico italiano e diffondere nuovi modelli di creazione del valore nell’interesse collettivo, accelerando la transizione verso la Circular Economy e promuovendo l’innovazione sociale e l’impact investing.

A presiedere l’evento Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, al fianco di Dame Ellen MacArthur, Presidente e Fondatrice del più autorevole network attivo a livello mondiale nella diffusione del modello circolare, la Ellen MacArthur Foundation (EMF) e Mario Costantini, direttore generale di Intesa Sanpaolo Innovation Center, che ha illustrato il progetto insieme a Carlo Mango, Consigliere Delegato di Cariplo Factory.

Tre i pilastri alla base del CE Lab:

  • posizionare il laboratorio come attore sistemico primario della Circular Economy, divulgando e promuovendo i principi del nuovo modello economico;
  • contribuire alla generazione di opportunità di business;
  • creare valore e crescita attraverso iniziative di open innovation tra Startup, PMI e grandi imprese, cosi come con Università ed Istituzioni.

Fondazione Cariplo da tempo opera su questo fronte con diverse modalità:

  • con il sostegno di progetti di ricerca scientifica,
  • con attività di sensibilizzazione e formazione (attuata attraverso corsi, eventi e workshop) 
  • promuovendo e diffondendo buone pratiche e policy.

La nascita del CE Lab è dunque la chiusura di un cerchio naturale che avviene grazie alla presenza e all’azione di Cariplo Factory, che, due anni fa quando è nato, si è posta l’obiettivo di generare 10mila job opportunities in tre anni, puntando sulle nuove occupazioni, soprattutto legate al digitale, ma anche quelle legate ai nuovi scenari occupazionali di cui la circular economy è oggi certamente un pilastro fondamentale. 

In quest’ottica il Gruppo Intesa Sanpaolo ha annunciato la creazione di un plafond fino a 5 miliardi di euro per il periodo 2018-2021 con l’impegno di concedere le migliori condizioni di accesso al credito in favore delle imprese che adottano il modello circolare con modalità innovative. In particolare, la valutazione del merito delle iniziative sarà curata dall’Innovation Center che ha definito i criteri di selezione insieme alla Fondazione Ellen MacArthur.

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dottor piazza alzheimer
 

L'Alzheimer, una patologia per la quale sembra che le aziende farmaceutiche abbiano quasi gettato la spugna. Ma non è così per la comunità scientifica: ci sono ancora ricercatori impegnati su questo fronte difficile e Fondazione Cariplo, da sempre sensibile alla ricerca di frontiera così come alla salute umana quale fine ultimo della ricerca stessa, non ha mai smesso di credere che sia possibile segnare dei passi avanti anche nella ricerca per questa patologia sempre più orfana di finanziamenti ma sempre più imponente in prospettiva socio-sanitaria: solo in Italia si conta 1 milione di pazienti affetti da demenze, di cui il 60% circa da malattia di Alzheimer, pari al 4% della popolazione sopra i 65 anni, con una previsione di aumento preoccupante se si considera che nel 2030 gli over 65 costituiranno il 35% della popolazione.

Fondazione Cariplo è fiera di sostenere in modo continuativo progetti di ricerca selezionati mirati a comprendere più a fondo i presupposti scientifici dell’Alzheimer e contribuire a una conoscenza più approfondita di questa patologia nonché all'individuazione di soluzioni preventive e terapeutiche.

Il 21 settembre è la Giornata Mondiale dell'Alzheimer. Per questo abbiamo raggiunto il dottor Fabrizio Piazza dell’Università degli Studi Milano-Bicocca.  

Cosa l'ha spinta a occuparsi di Alzheimer?

Ho iniziato ad avvicinarmi allo studio della malattia di Alzheimer durante il mio corso di studi in Biotecnologie Farmaceutiche alla Facoltà di Farmacia di Milano, grazie alla passione trasmessami dalla Prof.ssa Monica DiLuca, nonché spinto da una forte motivazione personale. Entrambi i miei nonni, “Gigi” e “Cechino”, sono infatti venuti a mancare in quel periodo proprio per questa malattia devastante e per le sue complicanze cerebrovascolari. Il dottorato di ricerca in Medicina Molecolare e Traslazionale presso l’Università di Milano Bicocca ed il post-doc svolto negli Stati Uniti, a Boston, non hanno fatto altro che accrescere il mio interesse e passione per la ricerca “traslazionale”, cioè quel tipo di ricerca atta a trasferire i risultati dal bancone del laboratorio ad una rapida utilità clinica per l’interesse del paziente.

Qual è stato il contributo di Fondazione Cariplo alle sue ricerche sull'Alzheimer?

Fondazione Cariplo ha giocato un ruolo chiave nella mia vita professionale, senza questo contributo tutte le mie “idee scientifiche” sarebbero probabilmente rimaste solo dei sogni nel cassetto, a meno di un trasferimento all’estero in quei paesi dove si investe molto di più in ricerca. Grazie a Fondazione Cariplo, invece, sono potuto restare nel mio paese ed oggi ricopro la posizione da Assistant Professor e dirigo il Laboratorio di Ricerche Traslazionali e Biomarcatori per la malattia di Alzheimer e l’Angiopatia Amiloide Cerebrale (CAA), presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia di Bicocca, nella sede di Monza. Coordino inoltre due importanti iniziative:l’iCAB International Network, il più grande Network Globale per lo studio dell’Angiopatia Amiloide Cerebrale Infiammatoria, ed il primo gruppo di Studio e Network Italiano sulla CAA per conto della società Italiana di Neurologia per le demenze (SINdem). In questi ultimi anni ho potuto raggiungere diversi traguardi. Quello di cui sono più fiero è la dimostrazione del meccanismo patogenetico di una malattia rara chiamata CAA-ri.

Grazie ai nostri studi abbiamo dimostrato che la malattia, causata da microemorragie cerebrali ed infiammazione, è dovuta ad una risposta autoimmune verso la proteina amiloide, la stessa proteina che causa l’Alzheimer. Abbiamo anche contribuito a definire i primi criteri clinico-radiologici di malattia, rendendo così possibile una diagnosi, e quindi un trattamento, più rapido e meno invasivo per questi pazienti.

Col contributo di Fondazione Cariplo stiamo ora validando l’utilizzo di biomarcatori innovativi non solo nella CAA-ri, ma anche nelle sperimentazioni cliniche per la malattia di Alzheimer. Recentemente, ho anche messo a punto un brevetto internazionale per il dosaggio di tali biomarcatori, ma sono orgoglioso di poter dire che ad oggi, nell’esclusivo interesse del paziente e della ricerca, sono riuscito ad aiutare nella diagnosi di più di 300 pazienti senza chiedere nemmeno un euro per lo sfruttamento di tale brevetto. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il supporto di Fondazione Cariplo.

Le ricerche fin qui svolte con Fondazione Cariplo hanno inoltre attratto l’interesse di numerose altre Istituzioni Internazionali, che sempre più spesso ci contattano per collaborazioni e consulenze, incluse le principali multinazionali farmaceutiche coinvolte nei trial sperimentali di immunizzazione nell’Alzheimer, l’International CAA Society, e l’Alzheimer’s Association americana da cui ho appena ricevuto un altro importante e prestigioso finanziamento che mi permetterà di ampliare e continuare le ricerche iniziate con Fondazione Cariplo.

Da ultimo, a marzo di quest’anno, abbiamo ricevuto il Rita Levi Montalcini Award all’AAT-ADPD (Advances on Alzheimer’s disease Clinical Trials) per i risultati delle nostre ricerche sulle possibili modalità di intervento per il trattamento della CAA-ri e delle ARIA, i principali effetti avversi che si manifestano durante i trial di immunizzazione per l’Alzheimer. Questi risultati, ottenuti in una coorte di pazienti provenienti da oltre 35 centri di ricerca nel mondo, stanno per essere concretizzati a breve in una pubblicazione.

Sono davvero grato a Fondazione Cariplo per l’opportunità, e spero che questo non sia che l’inizio di una lunga e proficua collaborazione, sempre nell’interesse della ricerca e del paziente!

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