Avvisiamo che gli uffici di Fondazione Cariplo saranno chiusi dal l'8 al 19 agosto compresi per le ferie estive.
Resteranno attivi tutti i servizi via internet. Buone vacanze a tutti!
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Si avvia alla fase 2 Never Alone, il bando congiunto promosso da Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione con il Sud, Enel Cuore, Fondazione CRT, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, nel quadro dell’iniziativa europea Epim (European Programme for Integration and Migration), per potenziare e innovare le modalità di presa in carico dei minori e giovani stranieri sul territorio italiano.
Sono 30 le idee progettuali selezionate per partecipare alla fase 2: i partenariati hanno tempo fino al 10 ottobre per elaborare i progetti definitivi, tra i quali saranno individuati gli interventi che riceveranno il sostegno delle fondazioni, pari complessivamente a 3,5 milioni di euro.
Le idee selezionate provengono da tutto il territorio nazionale e propongono interventi in tutti gli ambiti indicati dal bando: accompagnamento all’autonomia nel passaggio alla maggiore età, rafforzamento e diffusione della pratica dell’affido e del sistema dei tutori volontari, accoglienza delle ragazze.
In allegato l'elenco i progetti ammessi.
Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariparma, Fondazione Cariparo e Fondazione con il Sud escono in mare in soccorso dei migranti. Cominciano sostenendo con 980mila euro una serie di iniziative finalizzate a intervenire dando aiuto là dove, tra i pericoli delle intemperie e l’abominio della malvagità umana, va in frantumi sul nascere la speranza di chi cerca un approdo lontano da fame, guerre e oppressione. La scelta delle tre Fondazioni di origine bancaria e della Fondazione con il Sud, che su impulso di tutto il sistema delle Fondazioni associate ad Acri è stata creata insieme al mondo del Volontariato e del Terzo settore per intervenire nel Mezzogiorno d’Italia, è infatti quella di contribuire agli sforzi messi in atto da alcune organizzazioni umanitarie per il soccorso in mare, ma anche per creare alternativi corridoi umanitari, affinché altre tragedie nel Mare Nostrum possano essere evitate.
In base ai dati di Unhcr aggiornati al 20 luglio 2016, nel corso di questa prima metà dell’anno in Italia sono, infatti, arrivati per mare 79.851 migranti (70% uomini, 13% donne e 17% bambini), ma le persone morte o disperse nel Mediterraneo sono circa 2.951. Nel frattempo la rotta Balcanica è stata chiusa e le condizioni climatiche sono migliorate con la stagione estiva, sicché i tentativi di traversata molto probabilmente aumenteranno, anche in maniera stabile, con conseguenti crescenti rischi di perdita di vite umane. Alla luce di tale situazione, alcune organizzazioni umanitarie, attive su questo fronte con interventi di soccorso di diversa natura, hanno chiesto ad alcune Fondazioni particolarmente attente al tema dei migranti un sostegno per rafforzare la propria azione. È nato così un piano di intervento coordinato da Acri. "Esso presenta elementi di coerenza con la strategia delle Fondazioni in tema di migrazione – ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Associazione che rappresenta questi enti non profit -. Pur continuando a fondarsi su un approccio di inclusione e di promozione di iniziative di lungo termine, tiene conto – perché non si può non tenerne conto – dei più recenti cambiamenti del fenomeno migratorio e delle situazioni di emergenza attuali e di prospettiva che interessano il nostro Paese".
Data l’esigenza di un pronto intervento, il piano parte con il contributo di quattro Fondazioni, cui potrebbero tuttavia aggiungersene altre nei prossimi giorni. Le necessità, infatti, sono molte. Il sostegno per complessivi 880mila euro messo per ora in campo dalle Fondazioni andrà a: Sos Méditerranée, Medici Senza Frontiere, Fondazione Francesca Rava, Emergency, Oxfam Italia, Comunità Sant’Egidio – Corridoi Umanitari. E il soccorso non sarà solo in mare, ma riguarderà anche la prima accoglienza a terra, anche per quei migranti che in prima istanza non sono in grado di dimostrare il loro diritto di accesso alla protezione internazionale. Di importanza strategica è, inoltre, il Progetto Corridoi Umanitari, condotto dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche, Chiese valdesi e metodiste: il primo di questo genere in Europa, che ha l’obiettivo specifico di evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo.
Riguardo al soccorso in mare, il contesto istituzionale vede a oggi operative la Marina Militare Italiana – con Mare Sicuro (operazione della Marina Militare Italiana, avviata il 12 marzo 2015 a seguito dell’evolversi della crisi libica) e l’Unione Europea – con Triton (operazione di sicurezza delle frontiere dell’Unione Europea condotta da Frontex, l’agenzia europea di controllo delle frontiere, con l’obiettivo di sorvegliare le frontiere nel Mar Mediterraneo).
Si è conclusa l’edizione 2016 del Bando Funder35, dedicato alle imprese culturali non profit composte prevalentemente da giovani al di sotto dei 35 anni. Un’opportunità concreta per tante realtà culturali giovanili, che mette loro a disposizione 2 milioni e 650 mila euro di risorse private, per sostenerle, accompagnarle e rafforzarle sia sul piano organizzativo che gestionale, premiando l’innovatività.
In risposta al Bando sono pervenute 180 proposte di progetto, registrando un incremento rispetto alla precedente edizione (170 progetti) e una sostanziale uniformità anche dal punto di vista geografico, tra Nord e Sud. In particolare, il maggior numero di proposte è giunto da Puglia e Piemonte (entrambe 26), Sicilia (23), Campania (22), Lombardia (16), Emilia Romagna (14), Toscana (13).
Ora sarà avviato il percorso di valutazione delle proposte che porterà, entro la fine dell’anno, all’individuazione di una rosa di progetti. Le imprese selezionate potranno accedere a un contributo economico a fondo perduto e ad un percorso di accompagnamento, che prevede come lo scorso anno un supporto formativo, una serie di facilitazioni (tra cui l’accesso al credito grazie al protocollo di intesa Acri – Funder35 – ABI siglato lo scorso gennaio) e, più in generale, la partecipazione alla “comunità di pratiche” di Funder35 per lo scambio di idee, modelli e prassi di successo.
Per la valutazione delle proposte ricevute si terrà particolarmente conto di aspetti come la capacità delle organizzazioni di rapportarsi con il proprio territorio, di recepire le migliori tendenze ed esperienze nazionali e internazionali, di introdurre nuove tecniche, di rinnovare nel tempo le proprie modalità di produzione, la competenza, le esperienze pregresse, i risultati conseguiti.
I territori coinvolti dal Bando sono le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta e le province di Bologna, Modena, Parma e Ravenna in Emilia Romagna, Pordenone e Udine in Friuli-Venezia Giulia, le province della Spezia e di Genova in Liguria, le province di Ascoli Piceno e Ancona nelle Marche, di Firenze, Livorno e Lucca in Toscana, le province di Belluno, Padova, Rovigo, Verona e Vicenza in Veneto.
Con la precedente edizione del Bando, il primo del nuovo triennio 2015-2017, sono state sostenute 50 imprese culturali, complessivamente con 2,5 milioni di euro, in 14 regioni e in diversi settori culturali: danza, teatro, musica, fotografia, cinema, arte, fumetto, enogastronomia e turismo. Altre 12 organizzazioni hanno avuto accesso ai servizi di supporto formativo e di accompagnamento.
Per info: www.funder35.it
Fattoria Vittadini è un progetto sostenuto nell'ambito del bando Funder 35: guarda il video!
Le Regioni del Nord Italia entrano nella prima guida digitale gratuita ai fondi europei realizzata dalle Fondazioni CRT, Cariplo e CRC, con il patrocinio dell’Acri, e consultabile sul sito www.guidaeuroprogettazione.eu. Con il caricamento online dei Programmi operativi regionali (Por) di Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, l’Euroguida si aggiorna con la sezione Nord. Vengono così messi a fuoco i 12,5 miliardi di euro destinati dall’Unione europea alle Regioni del Nord Italia fino al 2020.
Disponibili agevolmente offline da qualunque dispositivo mobile, i nuovi capitoli della Guida all’Europrogettazione contengono tutte le informazioni utili a enti, associazioni, organizzazioni e a tutti i soggetti del territorio interessati a partecipare ai bandi europei. Va ricordato che i Programmi operativi regionali, insieme ai Programmi operativi nazionali, compongono l’assetto delle strategie e delle priorità delle politiche di coesione che la Commissione della Ue concorda con i Paesi membri per ridurre il divario esistente tra le regioni europee.
La Guida all’Europrogettazione ha fino ad oggi totalizzato 1.500 download in tutta Italia, ed è scaricabile nell’innovativa versione e-pub.
Sono 150 i giovani laureati che, grazie al progetto Green Jobs di Fondazione Cariplo, sono stati inseriti in stage in imprese industriali, commerciali, di consulenza e organizzazioni del terzo settore, in funzioni o attività green.
Il progetto, avviato a ottobre 2015, prevedeva una serie di interventi finalizzati a promuovere i green jobs tra i giovani. La promozione di tirocini extracurriculari green ha visto il coinvolgimento di 1400 giovani e di 10.000 aziende contattate. Sono state 85 le aziende che hanno attivato uno o più stage extra-curricolari, di durata massima di 6 mesi, per un totale di 150 stage attivati in un settore o in una funzione del mondo green. Tra le aziende aderenti figurano aziende manifatturiere, di produzione e distribuzione di energia, servizi alle imprese, informatica, etc, dimostrando che l’interesse nei confronti dell’ambiente è trasversale a tutti i settori economici. I giovani coinvolti svolgono mansioni direttamente connesse all’ambito della tutela ambientale e della promozione del territorio, ma anche legate all’informatica, alla comunicazione e al marketing.
Hanno sostenuto l’iniziativa numerose realtà del mondo imprenditoriale, industriale, commerciale, di consulenza e del terzo settore, tra cui Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, Camera di Commercio di Milano, Confcommercio Milano – Lodi – Monza e Brianza. L’iniziativa si è avvalsa del supporto di ACTL – Associazione per la Cultura e il Tempo Libero, attraverso il servizio “Sportello Stage” e la collaborazione con Recruit Srl per le attività di ricerca e selezione.
A breve inizierà la fase di monitoraggio, sostenuta da Fondazione Cariplo e da ACTL, che esaminerà l’andamento e la conclusione degli stessi tirocini, verificando la situazione lavorativa dei giovani a 6 e a 12 mesi dalla fine del tirocinio.
Questa iniziativa ha permesso ai giovani, non solo di inserirsi nel mondo del lavoro, ma anche di avvicinarsi e testimoniare l’impegno nella tutela dell’ambiente.
Greenjobs è un’iniziativa di Fondazione Cariplo che, con oltre un milione di euro, promuove lavori verdi attraverso l’orientamento, la formazione all’imprenditorialità green e l’alternanza scuola-lavoro, attivando occasioni di incontro tra domanda e offerta di lavoro green.
Superare i limiti degli strumenti operativi e della normativa che attualmente regola la gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie. E’ il punto di partenza della proposta di profonda revisione della materia, presentata a Roma, presso la sede dell’Acri il 13 luglio alla presenza di Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Cariplo; Carlo Borgomeo, Presidente Fondazione CON IL SUD e Pietro Barbieri, Portavoce Forum del Terzo Settore. Presenti anche Giovanni Puglisi, Presidente Emerito Fondazione Sicilia; Marco Giampieretti, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo; Marco Cammelli, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – Coordinatore gruppo di lavoro giuridico; Giulio Santagata, Consigliere delegato Nomisma.
Lo studio è frutto della riflessione di un gruppo di lavoro coordinato dalla Fondazione CON IL SUD e costituito dal Forum del Terzo Settore, dalla Fondazione Cariplo, dalla Fondazione Cariparo, dalla Fondazione Sicilia, dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna (che ha coordinato il gruppo di lavoro giuridico) e che si è avvalso della collaborazione di Nomisma.
L’esigenza di sviluppare un’approfondita riflessione sul tema è scaturita dall’esperienza maturata da alcune Fondazioni che negli ultimi anni hanno sostenuto progetti di valorizzazione e gestione di beni confiscati alle mafie e in particolare dalla Fondazione CON IL SUD che ha sostenuto 39 progetti su 50 beni confiscati (39 fabbricati e 11 terreni) nelle regioni meridionali e, attraverso due bandi dedicati alla loro valorizzazione, ha erogato oltre 6,7 milioni di euro (la terza edizione del bando sarà pubblicata quest’anno).
Le indicazioni dello studio individuano i punti decisivi di una possibile e auspicata revisione della materia, ma non si spingono fino alla definizione puntuale dei contenuti di un eventuale nuovo assetto normativo, nè fanno diretto riferimento alla discussione attualmente in atto in sede parlamentare.
Lo studio parte dall’analisi dello stato dell’arte, evidenziandone le criticità. In Italia i beni immobili confiscati sono 23.576 (dati ANBSC, febbraio 2016), concentrati soprattutto in 6 regioni (Sicilia 43,51%, Campania 12,76%, Calabria 12,00%, Puglia 9,46%, Lazio 7,02%, Lombardia 6,88%). Non sono disponibili, però, dati certi sul numero di beni utilizzati, nonostante i 21 milioni di euro destinati nel precedente ciclo della programmazione dei Fondi strutturali alla loro mappatura con i progetti REGIO (un sistema informatico del valore di 7 milioni di euro) e SIT-MP (un sistema informatico telematico del valore di circa 14 milioni di euro) nati proprio allo scopo di garantire un continuo scambio di dati e informazioni sui sequestri, sulle confische e sulla gestione dei beni confiscati. Una recente ricerca di Libera ha censito 525 soggetti, del terzo settore, che hanno valorizzato beni confiscati. Non va meglio sul fronte delle aziende confiscate: l’ANBSC ne segnala 3.585 ma, secondo gli ultimi dati disponibili, sono meno di 10 quelle date in gestione a cooperative di dipendenti, mentre 1.893 sono in carico all’Agenzia che non ha ancora deciso la destinazione.
Non esistono invece dati sui beni mobili, registrati e non. L’attuale normativa prevede che le somme di denaro (comprese le attività finanziarie a contenuto monetario o patrimoniale) affluiscano al Fondo unico di giustizia (FUG), istituito dal DL 143/08 convertito dalla legge 181/08. Anche in questo caso non mancano le difficoltà, a partire dall’acquisizione di dati certi sullo stock e sui flussi di risorse che affluiscono nel fondo quantificati comunque in circa 3,5 miliardi di euro.
Le criticità sono evidenziate anche da una relazione della Corte dei Conti del 10-07-2014, che sottolinea come “l’analisi istruttoria […] ha evidenziato la presenza di risorse ancora in sequestro, alcune risalenti addirittura a 30-35 anni addietro, per le quali non risultano intervenuti (o comunicati) successivi provvedimenti definitivi di confisca, restituzione o devoluzione allo Stato. Ulteriore sintomo di criticità è rappresentato dal numero non indifferente di uffici giudiziari […] che non hanno mai effettuato comunicazioni di provvedimenti di pertinenza del FUG. Inoltre […] è emerso il fenomeno, di cui non si conoscono ancora le reali dimensioni, della mancata volturazione al Fondo di molte delle liquidità oggetto di sequestro e, poi, di confisca e della diffusa abitudine degli amministratori giudiziari a non soddisfare gli obblighi di rendicontazione”.
Il FUG non è alimentato solo dalle risorse economiche o finanziarie confiscate alla mafia e, comunque, non tutte queste affluiscono nel fondo. La loro destinazione è molteplice e non sempre sembra rispondere a logiche e interventi normativi lineari.
La legge Rognoni – La Torre e la successiva legge 109 del 96, per il riutilizzo sociale dei beni confiscati, hanno rappresentato e rappresentano ancora un momento straordinariamente importante nella storia della nostra Repubblica. A vent’anni dalla sua approvazione, tuttavia, il sistema di governo e di amministrazione della materia mostra una crescente inefficacia. Il sistema attuale, che fa della legislazione italiana in materia la più avanzata al mondo, non riesce a “reggere” adeguatamente, sia per la dimensione del fenomeno (beni immobili, aziende, beni mobili, risorse finanziarie) sia perché, a consuntivo, i tentativi di “manutenzione” legislativa, amministrativa ed organizzativa hanno sortito effetti deludenti. Non è sufficiente impegnarsi nella difesa dell’attuale sistema, occorre invece un’operazione culturale, civile e politica che rilanci in avanti il tema in una nuova e migliore integrazione tra legalità, coesione sociale e sviluppo. Occorre un forte recupero in termini di coordinamento delle competenze e delle attività, di trasparenza, di pubblicità delle informazioni. La destinazione delle risorse è distribuita su troppi canali e manca una strategia complessiva sul loro utilizzo. I costi di gestione, inoltre, non sono particolarmente contenuti.
Partendo da queste considerazioni, la proposta evidenzia la necessità di un uso sociale e di una gestione economicamente più efficiente dei beni, più pubblica e partecipata, improntata alla massima trasparenza e che preveda un utilizzo delle risorse esclusivamente destinato alla valorizzazione e gestione delle aziende e dei beni immobili confiscati.
A capo dell’intera filiera si prevede un “Ente” pubblico economico, che subentri all’ANBSC ma con più vaste competenze e responsabilità, con sede a Roma e personale con contratto di diritto privato, gestito da un Consiglio di Amministrazione di nomina pubblica composto da manager con esperienze industriali, immobiliari e finanziarie, da un rappresentante dell’ANCI e delle Associazioni più impegnate nella lotta alle mafie. Oltre al Collegio sindacale, è previsto un comitato strategico composto da rilevanti personalità delle istituzioni, del mondo dell’impresa e della finanza, della magistratura, del mondo scientifico e del terzo settore.
L’Ente si dovrebbe occupare di gestire lo stock di risorse derivanti dalle confische e dai sequestri, che attualmente fanno parte del FUG. Di queste, 10 milioni di euro ne costituirebbero il patrimonio.
Secondo le indicazioni fornite da Nomisma, l’Ente potrà raggiungere un pieno equilibrio economico finanziario e predisporrà semestralmente una dettagliata relazione al Parlamento sulle attività svolte e i risultati conseguiti.
Si prevede, presso l’unità di gestione dei beni, la costituzione del Fondo Beni Confiscati, alimentato dalle risorse economiche e finanziarie relative a provvedimenti di sequestro e di confisca alle mafie attualmente trasferite al FUG, dalla eventuale vendita di beni immobili e di imprese confiscate e da proventi finanziari derivanti da investimenti del patrimonio, comunque gestito con criteri di prudenza.
Le risorse del Fondo potrebbero essere impiegate per diverse attività: valutazione, monitoraggio e promozione; compensi a temporary manager da impiegare nella gestione di imprese sequestrate e confiscate; investimenti su beni immobili (valorizzazione e gestione autosostenibili o spese di demolizione) e per imprese confiscate (ristrutturazione, riconversione, qualificazione tecnologica); a garanzia di queste ultime nei confronti degli istituti di credito; per il sostegno ai familiari di vittime della mafia, al reddito e per il ri-orientamento al lavoro dei dipendenti delle imprese sequestrate; per dar vita ad un meccanismo assicurativo per danni da ritorsioni; per la restituzione delle somme sequestrate o del corrispettivo economico dei beni, sottraendo questo onere ai Comuni assegnatari; per i rimborsi a terzi, soprattutto fornitori delle imprese sequestrate.
La proposta individua anche priorità e diverse soluzioni per la valorizzazione e utilizzazione delle differenti tipologie di beni confiscati.
Per gli immobili, viene proposto: il comodato d’uso gratuito ad organizzazioni del Terzo settore per finalità sociali o attività imprenditoriali non profit con meccanismi di evidenza pubblica; la concessione non onerosa ai Comuni per attività di rilevanza sociale; l’utilizzazione per scopi istituzionali (scuole, caserme, Enti pubblici locali) mediante avviso pubblico; la vendita del bene con procedure di evidenza pubblica aperta a tutti i soggetti, a determinate condizioni e con la cautela necessaria per evitare il rischio di “riacquisto” da parte di organizzazioni mafiose o di soggetti collegati e una volta verificata la non praticabilità delle ipotesi precedenti (ad esempio per appartamenti di grande valore nei centri urbani); la demolizione del bene e la restituzione dell’area a titolo gratuito all’Ente locale.
Per le imprese, la proposta prevede: l’affitto a condizioni agevolate ai lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata riuniti in cooperativa, in sinergia con la CFI (legge Marcora); l’affitto a titolo oneroso a soggetti pubblici e privati mediante meccanismi di evidenza pubblica; la vendita; la liquidazione e utilizzazione dell’immobile secondo le priorità indicate per i beni immobili.
Infine, per i beni mobili, si propone: la donazione ad organizzazioni del Terzo settore, alle Forze di Polizia o ad Enti pubblici per finalità sociali o ai destinatari di beni confiscati per lo svolgimento di attività connesse al progetto implementato; la vendita all’incanto.
Il testo completo della proposta è pubblicato sul sito www.fondazioneconilsud.it insieme allo studio realizzato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – che sulla base dell’analisi delle criticità dell’attuale quadro normativo avanza delle proposte di modifica – e a quello di Nomisma, che descrive caratteristiche e procedure del nuovo Ente cui affidare la gestione complessiva della materia e che dà un giudizio sulla autosostenibilità economico-finanziaria dello stesso.
E' stata denominata MiROvaR ed è una firma molecolare del carcinoma ovarico, basata sull’espressione di 35 microRNA, in grado di identificare in modo molto accurato il rischio di ricaduta delle pazienti, sin dal momento della diagnosi. MiROvaR è stata individuata dai ricercatori della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, coordinati dalla dottoressa Delia Mezzanzanica, che hanno analizzato i microRNA – piccole molecole la cui funzione è quella di regolare l’espressione di molti geni e quindi il comportamento delle cellule – per caratterizzare da un punto di vista molecolare il carcinoma ovarico. La ricerca, pubblicata su “The Lancet Oncology”, testimonia l’alta qualità e l’impatto della ricerca italiana a livello internazionale ed è stata possibile grazie alle competenze biomolecolari, bioinformatiche e cliniche dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Medicina Molecolare (Marina Bagnoli, Silvana Canevari, Loris De Cecco), con la struttura di Chirurgia Ginecologica (Francesco Raspagliesi) e con altri centri italiani di eccellenza per questa patologia, in particolare l’IRCCS Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (Erika Cecchin e Giuseppe Toffoli) e l’IRCCS Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli (Sandro Pignata, Daniela Califano e Francesco Perrone). Lo studio è stato finanziato dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dalla Fondazione CARIPLO.
"Il carcinoma ovarico è un tumore poco frequente ma ad elevata mortalità. E’ di difficile diagnosi, è caratterizzato da un’elevata eterogeneità sia patologica sia molecolare e tende a ripresentarsi dopo la chemioterapia sviluppando resistenza ai trattamenti farmacologici. Questo tumore rimane la prima causa di morte dei tumori di tipo ginecologico – spiega la dottoressa Mezzanzanica, responsabile della Struttura di Terapie Molecolari all’Istituto Tumori di Milano -. Negli ultimi anni si stanno studiando le sue caratteristiche molecolari per capire al momento della diagnosi quali siano i tumori più aggressivi, cioè quelli che diventano resistenti alla chemioterapia e recidivano più rapidamente, per migliorare il loro trattamento".
MiROvaR è stato sviluppato partendo dall’analisi di campioni di carcinoma ovarico raccolti grazie all’impegno del gruppo MITO (gruppo multicentrico italiano per il disegno di trial clinici di tumori ginecologici) il cui presidente, Sandro Pignata, sottolinea la necessità di individuare per questa patologia predittori di prognosi clinicamente utili. "La sua efficacia nel prevedere il rischio di ricaduta di malattia – approfondisce Mezzanzanica – è stata poi verificata complessivamente in quasi 900 casi di carcinoma ovarico mettendo a disposizione della comunità scientifica internazionale la più ampia collezione di dati sull’espressione di microRNA al momento disponibile per questa patologia".
L’analisi effettuata in questo studio potrebbe consentire, una volta inserita nella pratica clinica, importanti risultati nella lotta al carcinoma ovarico: "L’identificazione precoce delle pazienti ad alto rischio di ricaduta di malattia permetterà di inserirle in protocolli di trattamento più aggressivi così da colpire il tumore in modo più deciso e ritardarne o bloccarne la ripresa – conclude Mezzanzanicimportanti risulatta -. L’impiego di MiROvaR nella pratica clinica potrà comunque avvenire solo a seguito di ulteriori verifiche della sua precisione predittiva".
Il prossimo 10 luglio ricorre il 40mo anniversario dell'incidente Icmesa di Meda che, il 10 luglio 1976, “coinvolse e sconvolse” il territorio lombardo. 40 anni dall’incidente segnano inevitabilmente un momento significativo: la loro celebrazione è un segno di rispetto per quanti hanno sofferto in quegli anni e per quanti si sono impegnati per ricostruire costantemente e con perseveranza le comunità di quel territorio
Per questo la Fondazione Cariplo ha voluto contribuire a sostenere le attività di comunicazione e divulgazione dell’anniversario portate avanti dal Comune di Seveso, dala Fondazione Lombardia per l’Ambiente (FLA), dall'Agenzia Innova21 e da Legambiente Quello di Seveso e dei comuni limitrofi è infatti un territorio in cui la Fondazione si è impegnata da tempo, sostenendo attività di sensibilizzazione, di educazione ambientale e di rinaturalizzazione, fino al recente contributo di 127.000 euro nell’ambito del bando Comunità resilienti per il progetto “ESSERCI! La Resilienza Circolare di Seveso”, a cura di FLA.
C'è inoltre un legame particolare con la Storia di Seveso, considerato che il presidente Guzzetti nel 1980 firmò la transazione tra Regione Lombardia (all'epoca l'avv. Guzzetti era presidente della Giunta Regionale) e Givaudan (la multinazionale elvetica proprietaria dell'Icmesa, a sua volta controllata dalla Roche) perché – come disse lo stesso Guzzetti: “Abbiamo voluto in tal modo, rovesciare in positivo una delle più grandi disgrazie ecologiche della terra e far partire da Seveso un messaggio di speranza perché l´uomo possa in futuro meglio controllare le forze della scienza che egli va trovando”.
Oggi c'è il Bosco delle Querce che ricorda il prezioso lavoro fatto di cura e valorizzazione nelle città di Seveso e Meda.
Inoltre 8-9-10 luglio Contaminazioni, tre giorni per vivere quello che fu il luogo più contaminato dalla fuoriuscita di diossina, il Bosco delle Querce di Seveso e Meda, appunto.
Tre giorni dove si potranno conoscere una serie di discipline che permettono di stare meglio al Bosco ma non solo. Tre giorni dove teatro, yoga, shiatsu, biodanza, tai chi, nordic walking (…e tanto altro!) incontreranno la Storia grazie …anche alle visite guidate proposte da Legambiente. Tre giorni pieni di “contaminazioni” a 40 anni da un caldo sabato di luglio di un altro secolo.